Fondi comuni di investimento: impugnabilità della delibera dell’assemblea dei quotisti

Con la recentissima ordinanza n. 12474/2025 del 11 maggio 2025, la Corte di Cassazione ha chiarito che, in tema di fondi comuni di investimento, sussiste la legittimazione degli investitori ad impugnare le deliberazioni prese dall’assemblea dei quotisti, alle condizioni previste dagli artt. 2377 e 2379 del Codice civile, o a quelle speciali previste dal regolamento di funzionamento del fondo stesso.

La decisione, che riforma una sentenza della Corte d’Appello di Venezia (e di fatto anche della Corte d’Appello di Milano che si era precedentemente pronunciata su un procedimento parallelo riguardante la medesima fattispecie), (i) è priva di precedenti sul punto della legittimazione ad impugnare le delibere invalide delle assemblee dei fondi mentre (ii) ribadisce quanto la Corte di Cassazione aveva già affermato nelle note decisioni 16605/2010 e 12062/2019 sul tema dell’identificazione della natura giuridica dei fondi comuni di investimento. 

L’ordinanza, prendendo spunto dall’articolo 37 comma 3 del TUF in tema di assemblee di fondi chiusi alternativi non riservati (al netto della confusione circa la disciplina applicabile ai FIA riservati e non riservati), chiarisce alcuni punti di interesse tra cui che:

  • esiste un diritto "partecipativo" di tutti gli investitori rispetto alla determinazione che la SGR adotta nella gestione del Fondo che si attua mediante la riunione degli investitori in un'assemblea;
  • non può aversi un Fondo che non abbia un'assemblea degli investitori (a contenuto limitato o meno, a seconda della tipologia) ed è errata la considerazione secondo cui attribuire un potere di impugnazione significherebbe consentire agli investitori di ingerirsi nella SGR di cui non sono soci;
  • ove si volesse ricostruire analogicamente il sistema occorre fare riferimento alla normativa codicistica in tema di assemblee di S.p.A.;
  • se fosse negata all’investitore la legittimazione a domandare l’accertamento dell’invalidità di una deliberazione dell’assemblea cui era legittimato a partecipare, significherebbe svuotare completamente di senso le norme (del TUF e del regolamento del fondo), le quali avrebbero messo in piedi un sistema di partecipazione collettiva degli investitori, definito con metodo assembleare e decisione collegiale, che sarebbe del tutto senza controllo, poiché i soggetti che hanno partecipato all'assemblea, nella tesi della non ne potrebbero in nessun caso contestare la validità, chiedendone la rimozione; ciò che sarebbe del tutto contrario al principio di tutela costituzionale dei diritti sancito dall'art. 24 della Costituzione, e che finirebbe per creare un unicum nel sistema giuridico italiano: una delibera assembleare non impugnabile per alcun motivo e, dunque, valida a prescindere dal suo metodo di formazione e dal suo contenuto oggettivo;

L’ammissibilità della necessaria tutela “reale” dell’investitore oltre che la esplicita eterointegrazione del regolamento del fondo con le norme in materia di assemblee delle S.p.A. pone, tra l’altro, spunti di riflessione sui possibili impatti circa le previsioni in materia di governance dei FIA riservati negoziate nell’ambito dell’autonomia privata tra SGR e investitori.